L’epatite A è una malattia del fegato causata dal virus HAV (Hepatitis A Virus). Il virus si trasmette attraverso bevande e alimenti contaminati oppure attraverso il contatto diretto con persone infette.
Si distingue dalle epatiti virali B e C per due aspetti: la sua modalità di trasmissione, prevalentemente oro-fecale, e per il fatto che non cronicizza mai, ovvero è possibile una completa guarigione.
Spesso decorre in modo asintomatico. A volte dopo circa 15-45 giorni dal contatto con il virus, possono manifestarsi sintomi come: stanchezza, dolori addominali, febbre, perdita di appetito, nausea, vomito e ittero (colorito giallognolo di pelle e occhi).
Durante il decorso della malattia, possono comparire inoltre prurito, colorazione scura delle urine e chiara delle feci.
L’infezione può avvenire attraverso il consumo di acqua contaminata oppure attraverso il consumo di alimenti crudi o poco cotti. La scarsa igiene personale o degli ambienti o il non rispetto di basilari norme igieniche durante la preparazione degli alimenti ne favoriscono la trasmissione.
Il virus si può trovare nelle feci delle persone infette 7-10 giorni prima della manifestazione dei sintomi e fino ad una settimana dopo. Raramente sono avvenuti casi di infezione attraverso trasfusioni di sangue, anche perché il virus è presente nel circolo sanguigno solo per pochi giorni.
L’infezione ha una durata media di circa due settimane, ma può arrivare anche a dieci. Solitamente l’evoluzione è benigna e dopo la guarigione il soggetto acquisisce una immunità permanente.
In casi rari tuttavia, soprattutto dopo i 50 anni, l’infezione può essere fulminante arrivando in questi casi ad un tasso di mortalità dell’80%.
Il virus è presente in tutto il mondo, anche se maggiormente nei paesi del Sud. Ogni anno sono stimati circa 1,4 milioni di casi e a essere colpiti prevalentemente sono i bambini.
Attualmente l’Italia è considerata un paese a medio-bassa endemicità grazie ai miglioramenti nelle condizioni igieniche e socio-economiche degli ultimi decenni, che hanno determinato una diminuzione della circolazione del virus.
Tuttavia nel corso degli anni 1992, 1994 e 1997, nel nostro paese si sono verificate epidemie associate al consumo di frutti di mare crudi. Nel 2013 inoltre si è verificata un'epidemia a livello europeo, indotta in quel caso dal consumo di frutti di bosco surgelati, consumati crudi dopo lo scongelamento.
Nel 2016 l’incidenza dell’infezione è stata stimata in 0,8 casi per 100.000 abitanti e le classi di età più colpite sono state quelle tra i 15 e i 54 anni.
Gli alimenti che sono più spesso implicati in casi di infezione da virus dell’Epatite A sono:
Purtroppo non è possibile riconoscere gli alimenti contaminati da microrganismi patogeni:
gli alimenti inquinati non presentano infatti alterazioni di colore, odore, aspetto o sapore.
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per ridurre il rischio di contrarre malattie di origine microbiologica trasmesse dagli alimenti.