Alimenti & Gravidanza

Campylobacter

altri rischi microbiologici

Che cos'è il Campylobacter

Il Campylobacter è un batterio che è diffuso quasi ovunque in natura: è presente nell’intestino degli animali a sangue caldo, nel pollame e nel latte crudo. Nell’uomo può essere causa di campilobatteriosi, una infezione i cui sintomi si manifestano come dolori addominali, febbre, mal di testa, nausea e/o vomito e tracce di sangue nelle feci.

Nella maggior parte dei casi l’infezione si risolve spontaneamente; solo in alcuni casi provoca complicanze sia intestinali (pancreatite, colecistite, emorragie enteriche) sia extraintestinali (artrite reattiva, infiammazione renale ed epatica).

Raramente l’infezione da Campylobacter può dare inoltre origine alla sindrome di Guillain-Barrè, una forma di neuropatia-immunomediata che si manifesta con improvvisa paralisi acuta, accompagnata in alcuni casi anche da alterazione delle funzioni respiratorie.

Per le donne in gravidanza, la febbre sembra essere il disturbo principale. Inoltre, il malassorbimento dovuto all’azione del batterio sulla mucosa intestinale può causare ritardo nello sviluppo del feto e l’enterocolite potrebbe indurre un parto prematuro.

L’infezione risulta più pericolosa se contratta nel secondo trimestre di gravidanza rispetto al terzo.

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alimentazione gravidanza rischio campilobatteriosi

Come può avvenire l'infezione

L’infezione può essere trasmessa all’uomo attraverso il contatto con animali infetti (uccelli, cani, gatti) o esseri umani portatori.

Può avvenire inoltre attraverso il consumo di alimenti contaminati di origine animale crudi, poco cotti, oppure attraverso l’assunzione di acqua non potabile.

Quest’ultima tipologia di trasmissione è la più diffusa ed infatti la campilobatteriosi è una malattia prevalentemente alimentare.

Solitamente i sintomi compaiono tra 1 e 7 giorni dopo l’ingestione dell’alimento contaminato e la malattia può perdurare per un periodo che varia da un giorno ad una settimana.

Diffusione

La campilobatteriosi è la prima zoonosi in assoluto in Europa come numero di casi dal 2005.

Nel 2013 a livello europeo sono stati notificati 214.784 casi, con un numero di decessi pari a 56. I casi in Italia sono stati 1.178, ma il rapporto con i casi di salmonellosi è di circa 1/4–1/6 contro oltre 2/1 in Europa: questo suggerisce una sottostima della reale diffusione dell’infezione a livello nazionale.

Tra il 2009 e il 2013 si è osservato un continuo aumento dei casi per anno analogamente al numero dei ricoveri. Mediamente la durata del ricovero è di 6 giorni, ma può arrivare a 90 per conseguenze dell’infezione. Il numero di decessi per anno varia da 2 a 7.

I bambini di età inferiore ad 1 anno sono la fascia di popolazione che presenta l’incidenza di ricoveri più elevata, seguita dai bambini tra 1 e 4 anni.

214784
casi in Europa nel 2013
1178
casi in Italia nel 2013
6
giorni di ricovero in media
Salumi
Acqua
Pesce e frutti di mare

A quali alimenti fare attenzione

Gli alimenti che sono più spesso implicati in casi di campilobatteriosi sono:

  • le carni avicole consumate crude o poco cotte;
  • il latte crudo o non sottoposto a pastorizzazione;
  • l’acqua non potabile;
  • i frutti di mare crudi o poco cotti.

Particolare attenzione va data agli alimenti pronti per il consumo che possono essere soggetti a cross-contaminazione:

  • diretta, per contatto con altri alimenti che veicolano il patogeno (prevalentemente carne avicola cruda)
  • indiretta, per contatto con utensili o superfici di lavoro contaminate e non adeguatamente pulite.

Come ridurre il rischio di campilobatteriosi?

Purtroppo non è possibile riconoscere gli alimenti contaminati da microrganismi patogeni:
gli alimenti inquinati non presentano infatti alterazioni di colore, odore, aspetto o sapore.

Clicca sul bottone qui sotto per leggere le regole sugli alimenti da evitare e i comportamenti da adottare
per ridurre il rischio di contrarre malattie di origine microbiologica trasmesse dagli alimenti.